La Figura dello Psicologo nell'Adolescenza


L’adolescenza è quel tratto dell’età evolutiva caratterizzato dalla transizione dallo stato infantile a quello adulto dell’individuo; si è poi soliti distinguere anche tra prima adolescenza, corrispondente al periodo tra i 13 e i 15 anni, e seconda adolescenza, cioè dai 16 anni verso la fine della pubertà, verso i 18-20 anni. Quando si parla di adolescenza, è molto importante ricordarsi che essa è un tema di carattere prettamente psicologico, e darle limiti fissi è un’impresa molto ardua. Bisogna considerare che:

  • Lo sviluppo psicologico-emozionale non procede sempre di pari passo con lo sviluppo fisico;
  • Le società occidentalizzate stanno provocando un ritardo sempre maggiore dello sviluppo psicologico mentre in altre zone del mondo pare verificarsi l’opposto;
  • I limiti di età sono diversi tra persone di sesso diverso;
  • Più tardi si verificherà lo sviluppo puberale, più tardi finirà l’adolescenza;
  • Certi tratti psicologici considerati tipici dell’adolescenza permangono finanche oltre la prima giovinezza per certi individui.
La fragilità somatica e psicologica del soggetto, in questa fase, è evidente e facilmente spiegabile se si tiene conto del lavoro per il consolidamento delle sue strutture fisico-psichiche che in lui si va compiendo.” Wikipedia. L’adolescenza come fase della vita umana è stata studiata solo a partire dagli inizi del secolo scorso, in linea con i cambiamenti sociopolitici e culturali che donano una visione nuova di adolescenza come importante fenomeno avente un ruolo più incisivo nella vita di un individuo. Molti approcci teorici si sono occupati dell’adolescenza. Ciascun orientamento teorico, tuttavia, ha analizzato un aspetto parziale circoscritto del fenomeno(cambiamenti biologici, interiori, cognitivi, sociali), mentre di fatto si impone la necessità di adottare un approccio comprensivo, che integri i singoli contributi in modo che risultino fusi in una rappresentazione a tutto tondo, dinamica, evolutiva che possa costituire una linea guida, un’indicazione di lavoro per qualsiasi tipo di intervento.

Pur considerandolo un epifenomeno, una fase naturale, dello sviluppo umano (Erikson, 1999), noi siamo convinti che di fronte alle tante domande, insicurezze, conflitti interiori e conflitti con gli adulti, l’adolescente debba trovare proprio nell’adulto un ascoltare ed un interlocutore con il quale confrontarsi senza sentirsi, a priori, giudicato. Noi riteniamo che, se non in presenza di un particolare e conclamato disturbo, l’adolescente debba trovare nel counselling il setting più adatto per esternare i suoi dubbi e le sue angosce. Il colloquio di counselling permette all’adulto di non invadere e di non incidere in profondità in una personalità in formazione e gelosa della sua autonomia nel definire il personale progetto di vita. Se non ci si accosta con questo rispetto, il risultato non potrà che essere una chiusura stizzita che aumenterà il rancore dell’adolescente verso il mondo in generale e degli adulti in particolare.

Intervento

Riteniamo che l’intervento da privilegiare con l’adolescente sia il colloquio di counselling.

E’ un setting che permette all’adolescente di non sentirsi invaso dall’adulto, permettendo un ascolto attivo e di sostegno. La seduta di counselling deve cercare di far emergere le risorse potenziali che ogni ragazzo ha, e che durante questa fase, difficile e confusa, rischiano di essere messe in ombra creando nel ragazzo l’idea di un futuro fosco e pieno d’angoscia.

Solo se ne esistono i presupposti si proporrà al ragazzo un percorso di psicoterapia supportiva.

Basta attese!

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